#22 - Il nostro cervello ci inganna... ma lo fa con stile: euristiche e bias cognitivi
Il miglior segno dello zodiaco? Facile, il Capricorno. Mi documento. Vado sul web, dove si trova tutto e il contrario di tut to. Chi è il mio primo consulente? Google, ovvio. Clicco sui link che confermano le mie idee, e l’algoritmo, che ormai mi conosce meglio del mio terapeuta, comincia a propormi solo contenuti allineati al mio pensiero. A un certo punto, non sono più io che cerco loro, sono loro che trovano me. Articoli, video, teorie… Tutti a dirmi che il Capricorno è il re dello zodiaco.
Poi, per sbaglio, clicco su un link che dice il contrario. Lo leggo, scuoto la testa e penso: “Ma che assurdità!”. Non considero nemmeno di potermi sbagliare.
Il bias della conferma ha già colpito, il mio cervello ha scelto da che parte stare e non lo smuove più nessuno. Ma non sono io il problema, è alla mia mente che ingannarmi... e lo fa con stile. Nell’epoca degli algoritmi, questo bias è diventato uno scoglio sempre più difficile da superare. Oggi parleremo di euristiche e bias cognitivi. Come direbbe Kahneman, siamo molto meno razionali di quanto ci piace credere.
Cosa sono euristiche e bias
Cominciamo da un dato. Il nostro cervello è pigro. Per questo, ogni giorno, prende scorciatoie. Le chiamiamo euristiche. Piccole autostrade mentali che ci aiutano a decidere al volo senza perdere troppo tempo. Utile, no? Certo. Quando tutto funziona bene, ci fanno sembrare incredibilmente efficienti. Ma quando si inceppano, parliamo di bias cognitivi. In pratica, la nostra mente pigra inizia a mentire pur di non fare troppa fatica.
Viene da domandarsi, quanti saranno mai questi bias? Cinque, sei, forse una decina? No, siamo già oltre i 180, e il numero continua a crescere con l’avanzare degli studi psicologici. Certo, molti si sovrappongono, ma resta un numero impressionante. Per dargli ordine, nel codice dei bias cognitivi li hanno organizzati in quattro macrocategorie.
La prima categoria si riferisce ai bias legati all’elaborazione delle informazioni
La prima categoria si riferisce ai bias legati all’elaborazione delle informazioni. Siamo sempre più sommersi da contenuti e il cervello agisce in base a schemi e semplificazioni. In questa categoria abbiamo già visto il bias della conferma nello scorso episodio, insieme all’ancoraggio. Un’altra distorsione interessante è quella del punto cieco, che ci spinge a sovrastimare la nostra capacità di giudizio. Non riconosciamo i bias in noi stessi, ma siamo abilissimi a individuarli negli altri. Anche quando non sappiamo dargli un nome. Quanti ne conoscete con queste caratteristiche? Beh, in una ricerca, fatta alla Princeton University, l’85% degli studenti intervistati ha manifestato questo bias. Quindi, attenzione a puntare il dito.
La seconda categoria è legata alle informazioni incomplete
La seconda categoria è legata alle informazioni incomplete a cui cerchiamo di dare un senso. In questa categoria troviamo il mitico Dunning-Kruger, già visto nell’episodio 8 e il bias degli stereotipi che entra in azione quando giudichiamo una persona o un gruppo di persone sulla base di pregiudizi che attribuiamo a categorie sociali, culturali, etniche, professionali o di altro tipo. Questo bias è la porta per piaghe sociali come il razzismo e l’omofobia.
La terza categoria si riferisce alla necessità di agire rapidamente
La terza categoria si riferisce alla necessità di agire rapidamente. Tra questi troviamo il bias dello status quo, che ci induce a evitare il cambiamento, anche quando sarebbe positivo. È un comportamento che teniamo per comodità, paura dell'ignoto o avversione al rischio. Lo troviamo sia nella vita professionale che in quella privata, impedendoci di cogliere opportunità che migliorerebbero la nostra vita. Restare nella zona di comfort limita la creatività, lo sviluppo e l’apprendimento.
L’ultima categoria riguarda la memoria e il modo in cui ricordiamo eventi e informazioni
L’ultima categoria riguarda la memoria e il modo in cui ricordiamo eventi e informazioni. La nostra memoria non è un archivio perfetto. Come abbiamo visto nell’episodio 5, ricordiamo più le emozioni che i fatti. Un esempio è il bias dei falsi ricordi, una distorsione cognitiva che ci fa ricordare eventi o esperienze che in realtà non sono mai accaduti o sono accaduti diversamente. Questi falsi ricordi sembrano reali quanto quelli autentici. Si formano perché, con il tempo, aggiungiamo dettagli che non sono mai esistiti, li modifichiamo o creiamo ex novo ricordi falsi.
Non possiamo eliminarli. Possiamo esserne consapevoli e cercare di riconoscerli
Finora abbiamo visto queste categorie come se fossero realtà separate. Ma queste trappole mentali si intrecciano continuamente e si autoalimentano, rendendo la loro individuazione più complessa. In pratica, i bias lavorano insieme, per riuscire a ingannarci.
Ma sapete una cosa? Non possiamo eliminarli. Possiamo esserne consapevoli e cercare di riconoscerli. E magari, ogni tanto, fermarci a pensare: “E se stessi sbagliando?” Ricordate che siamo meno razionali di quanto ci piace credere, ma un po’ più saggi, se ci impegniamo.