#32 - La bellezza della gentilezza
Sapete qual è il posto perfetto per mettere alla prova il vostro autocontrollo? Le poste. Non c’è competizione. È un terreno fertile per far germogliare un livello di frustrazione che normalmente riserviamo solo alla politica.
Non è colpa di nessuno, intendiamoci, è proprio il contesto. Aspettare il proprio turno, cercare di capire dove andare, il modulo giusto da compilare… È un’esperienza che sembra progettata apposta per testare i nervi.
Spesso accade che qualcuno perda la pazienza. Gliene dice quattro all’impiegato, lui risponde a tono. Qualche altro cliente sbuffa, una signora scuote la testa. E alla fine, chi ha ragione e chi torto? Boh. Non si capisce mai. Ma sapete cosa si ottiene in queste situazioni? Niente. O meglio, qualche ora di nervosismo e un impiegato pronto a litigare con il cliente successivo.
E se, per una volta, provassimo un approccio completamente diverso? Gliene dite comunque quattro, ma… completamente nuove. Tipo: “Per favore. Grazie. Scusa. Prego.” Quattro parole semplici. Economiche, facili da ricordare, senza controindicazioni. Non vi sto dicendo che siano una bacchetta magica. Magari potreste guadagnare qualcos’altro. Un sorriso. Un impiegato più disponibile. Perfino qualcuno che vi ricambia con altre quattro parole gentili. E, con un po’ di fortuna, una giornata più serena.
Per favore, grazie, scusa e prego, non solo un esercizio di stile, ma una piccola rivoluzione silenziosa, in un mondo che sembra più a suo agio con l’aggressività, forse la gentilezza è davvero la scelta più radicale.
Da piccoli, siamo più propensi a comprendere e mettere in atto certi comportamenti
“Per me la gentilezza è un insieme di qualità, pazienza e sincerità. Sono doti che si acquisiscono fin da piccoli, anche se bisogna saper distinguere la gentilezza sincera da quella di facciata. Io, ad esempio, sono gentile perché mi fa stare bene, è il mio modo di essere. La gentilezza, per me, significa soprattutto sapersi rapportare con gli altri, anche a chi non conosciamo, in modo educato e rispettoso, aiutando chi ci circonda a vivere meglio e magari riducendo i litigi. Inoltre, la considero una vera e propria forma di intelligenza, non tutti la possiedono, ma chi la coltiva fa la differenza.”
Queste parole, incredibile a dirsi, arrivano da una bambina di terza media dell’Istituto comprensivo Edoardo De Filippo di Villanova, in provincia di Roma. Ha scritto questo pensiero in occasione della Giornata Mondiale della Gentilezza. Trovo straordinario che, a quell’età, abbia già compreso una cosa che molti di noi faticano a realizzare per tutta la vita: la gentilezza fa bene, prima di tutto, a chi la pratica. E poi, come bonus, a chi la riceve.
Forse, da piccoli, siamo più propensi a comprendere e mettere in atto certi comportamenti. Magari perché, a quell’età, il cinismo non ha ancora fatto breccia, e non abbiamo ancora imparato a pensare che “essere gentili non serve a niente”. Crescendo, però, è come se ci scordassimo quanto è preziosa, e quanto può fare la differenza.
A proposito di giovani, smettiamo di dire che le nuove generazioni sono “meno educate” di quelle precedenti. È un luogo comune che si ripete di generazione in generazione. I nostri nonni pensavano lo stesso dei nostri genitori, e i nostri genitori di noi. È praticamente un ciclo naturale. Forse non si tratta di peggioramento, ma semplicemente di cambiamento. La gentilezza non è mai stata una questione di età. Non è il monopolio di chi è nato prima o dopo, né una moda che passa. È solo un modo diverso di relazionarsi.
Da adulti cominciamo a confondere la gentilezza con la debolezza
Il vero problema è che da adulti cominciamo a confondere la gentilezza con la debolezza o con il non saper dire di no. Essere gentili, invece, è molto più difficile di quanto sembri. Richiede una certa solidità emotiva. La vera forza sta proprio nel mantenere i nervi saldi e comunicare con rispetto anche quando dobbiamo porre un limite. Essere gentili non significa accettare tutto, subire passivamente o mettere da parte i nostri bisogni.
La gentilezza vuol dire avere pazienza, essere tolleranti, saper ascoltare davvero e cercare di comprendere le ragioni altrui, anche quando non le condividiamo. Certo, ci sono dei limiti, ed è naturale che ci siano. Ma ho l’impressione che oggi quei limiti siano così bassi da non permetterci più di tollerare nulla di diverso da noi.
Al contrario, basta poco per fare la differenza. Salutare con un sorriso, predisporci al dialogo, mantenere un tono educato, sono azioni semplici che ci fanno apparire più gentili e rassicurano chi abbiamo di fronte. La gentilezza crea connessione, empatia. Fa sentire accolti, compresi. Non è un atto fine a sé stesso.
Salutare, sorridere, ascoltare, sono gesti piccoli ma contagiosi
Salutare, sorridere, ascoltare, sono gesti piccoli ma contagiosi. Perché quando gli altri si sentono accolti, spesso replicano lo stesso atteggiamento con le persone successive. E così via. È un effetto a catena che può davvero cambiare le cose.
Quando parlo di ascoltare, intendo il vero ascolto. Non quello che si fa pensando già a cosa rispondere o distraendosi con il telefono. Parlo di fermarsi, guardare chi si ha di fronte e ascoltare per capire, non per replicare. Sai una cosa? Ascoltando con attenzione, avrai sempre qualcosa di sensato da dire. Altrimenti, il tuo interlocutore se ne accorgerà. Sempre.
Non esiste una gentilezza per la vita privata e una per la vita professionale
La gentilezza non ha confini. Non esiste una gentilezza per la vita privata e una per la vita professionale. Se è autentica, attraversa ogni ambito della nostra esistenza. Se invece è solo una maschera di convenienza, non porta benefici a nessuno.
Per questo, è qualcosa che dobbiamo allenare. Con i partner, valorizzandoli ogni giorno. Con i vicini o i colleghi, con un saluto sincero e sonoro. Con gli amici, facendoli sentire importanti nella nostra vita. Con i clienti, che apprezzeranno certamente un atteggiamento gentile e disponibile, contraccambiando allo stesso modo. E quando incontriamo persone maleducate? Pensiamo che magari stanno vivendo una giornata difficile e se non è così ricordate che sono loro a perdere qualcosa, non noi.
E poi c’è un ultimo aspetto, forse il più importante. Prima di tutto, dobbiamo imparare a essere gentili con noi stessi. Accettare che non siamo perfetti. Che possiamo sbagliare e che non c’è nulla di male in questo. Spesso, l’autocritica troppo severa è il primo ostacolo per una gentilezza autentica verso gli altri.
Nei prossimi giorni provate a fare qualcosa di nuovo. Salutate con entusiasmo quando entrate in un negozio, o ringraziate il vostro partner per qualcosa che avete sempre dato per scontato. Insomma, spingetevi un po' oltre. Vi assicuro che migliorerà le vostre giornate!
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