#21 - Perché le teorie universali sono trappole mentali?
Avete notato che siamo circondati da un’infinità di teorie universali?
Leggi di vita quattro stagioni che sembrano adattarsi a tutto e che promettono di risolvere ogni problema, in qualsiasi contesto. Ammettiamolo, c’è qualcosa di affascinante nell’idea che basti un po’ di saggezza prêt-à-porter per affrontare la vita col piede giusto. Ma siamo sicuri che le cose funzionino davvero così?
Ne abbiamo già parlato nell’episodio 18, ricordate? La famosa regola secondo cui siamo la media delle cinque persone che frequentiamo di più. Un’idea intrigante, certo… ma è davvero così semplice?
Ecco perché voglio spingere il cuore oltre la siepe, mettendo in discussione ciò che sembra ovvio e cercando di capire perché queste teorie universali ci attraggono così tanto. Per farlo, parlerò di un libro che di semplice ha solo il titolo, “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman, uno psicologo che nel 2002 ha vinto il Premio Nobel per l’economia.
Cosa sono i pensieri veloci
Daniel Kahneman è stato uno psicologo e docente alla Princeton University, pioniere nello studio del legame tra comportamento umano, economia e finanza. Soprattutto era uno capace di spiegare le cose complicate in modo comprensibile. Nel suo libro, Pensieri lenti e veloci, descrive due sistemi che governano il nostro modo di pensare.
Parlerò solo della teoria su cui si basa il libro, senza entrare nei dettagli. Kahneman dice che la nostra mente funziona in due modalità: il sistema veloce e il sistema lento. Era intuibile già dal titolo. Il sistema veloce è quello che usa il pilota automatico. È rapido, economico, decisamente poco esigente. Lo attiviamo perché analizzare ogni scelta sarebbe troppo dispendioso in termini di tempo ed energia.
Facciamo un esempio semplice. Per sollevare un bicchiere d’acqua e bere, non ci mettiamo a riflettere sul processo. Lo facciamo e basta, perché il nostro cervello ha automatizzato questo tipo di azione attraverso esperienze passate. Un meccanismo, che nel caso di un bicchiere d’acqua sembra ovvio, ma opera in modo simile anche per decisioni più complesse.
I bias cognitivi sono scorciatoie mentali
Le scorciatoie mentali che utilizziamo per risparmiare energie si chiamano bias. Sono pensieri automatici che ci aiutano a decidere in fretta, ma possono deformare la nostra percezione della realtà.
Ad esempio, il bias dell’ancoraggio ci spinge a dare un peso eccessivo alla prima informazione che riceviamo su un argomento, influenzando tutte le valutazioni successive. Vi è mai capitato di prendere una decisione troppo in fretta, per poi accorgervi che vi eravate lasciati influenzare da una prima impressione?
Oppure il bias di conferma, che ci spinge a cercare solo informazioni che confermano quello che già pensiamo, ignorando tutto il resto. Un esempio? Hai appena deciso che correre al mattino fa bene e, guarda caso, su Google trovi solo articoli che dicono che hai ragione. Coincidenza? Non proprio.
Questi bias non sono errori casuali. Sono schemi che la nostra mente usa per semplificarsi la vita. A volte sono utili. Altre volte, invece, ci fanno fare scelte pessime. E, guarda caso, sono proprio loro che rendono le teorie universali così… irresistibili
Parlare di bias in questo modo è riduttivo, approfondiremo questo tema nel prossimo episodio, insieme al concetto di euristiche.
Cosa sono i pensieri lenti
Il secondo sistema, invece, è il pensiero lento, quello che richiede attenzione, riflessione, energia. Lo attiviamo quando dobbiamo affrontare un argomento nuovo, prendere una decisione importante o abbiamo paura di sbagliare. È qui che entra in gioco il dubbio. E il dubbio, diciamolo, è scomodo. Però è anche utile, è un prezioso alleato che ci aiuta a mettere in discussione le risposte semplici, per arrivare a una comprensione più profonda.
Affidarci solo al pensiero veloce significa rinunciare a quella parte di noi che analizza, riflette, mette in discussione. È il pensiero lento che ci porta alle intuizioni più profonde e alle scelte più autentiche, anche se richiede più tempo e fatica.
Comprendere questi meccanismi ci aiuta a comprendere il mondo
Comprendere come funzionano questi meccanismi non è un esercizio teorico fine a se stesso, ci aiuta a interpretare il comportamento umano e a prendere decisioni migliori, in qualsiasi ambito lavorativo e anche privato.
Non dobbiamo diventare psicologi o sociologi, e nemmeno illuderci di esserlo. Io, per esempio, mi occupo di mezzi di comunicazione, per realizzare i miei progetti devo comprendere i comportamenti degli utenti e intuire la direzione che i lori bisogni prendono. Prestare attenzione alle tematiche umanistiche è fondamentale anche nei lavori più tecnologici, perché alla fine tutto si riduce a una cosa: le relazioni. Con le persone. Con i servizi. Con gli utenti. E se non capiamo le persone, beh, il resto è tutto inutile.
Perché ci attraggono tanto le teorie universali
E ora torniamo alle nostre amate teorie universali. Perché ci attraggono tanto? Perché parlano al nostro pensiero veloce, quello che ama le scorciatoie e odia perdere tempo. Sono irresistibili perché ci danno l’illusione di avere tutto sotto controllo, senza fatica.
Ma è proprio questa semplicità a renderle pericolose. Affidarci completamente a frasi motivazionali o teorie universali, significa cedere alla tentazione di non usare il pensiero lento, quello più faticoso, ma anche più ricco. I venditori di risposte facili e pensieri in bianco e nero sfruttano il nostro bisogno di risparmiare energie.
Ora, non fraintendetemi. Non c’è nulla di male in una frase motivazionale. Può essere una scintilla. Ma per accendere un fuoco servono ossigeno, legna e tempo. La crescita non è mai un processo rapido, e spesso non è nemmeno lineare. È nel viaggio, nelle pause, nei dubbi, che troviamo la bellezza.
Quindi, la prossima volta che una teoria universale vi sembrerà irresistibile, chiedetevi: sto scegliendo la via più facile o quella più autentica? A volte, vale la pena rallentare e pensarci un attimo in più.